La Community di Women in Export premiata al WMF

Anche quest’anno SACE sale sul palco di We Make Future, la Fiera Internazionale e Festival sull’Innovazione Tecnologica e Digitale, per il riconoscimento a Women in Export Obiettivo Sud tra innovazione sostenibile e internazionalizzazione.

Un riconoscimento al lavoro delle persone di #SACEEducation, che ha coinvolto più di 250 imprese femminili del Mezzogiorno che hanno scelto di condividere con noi il percorso di Women in Export Obiettivo Sud, realizzato insieme a MicrosoftUPS e Università degli Studi di Napoli Federico II con l’obiettivo di sviluppare e consolidare la strategia aziendale in un’ottica inclusiva, sostenibile e di respiro internazionale nella transizione digitale ed ecologica.

Fonte: SACE

Women on Board: al via l’edizione 2023

Il progetto che favorisce l’ingresso delle donne nei cda di imprese pubbliche e private si apre a ordini professionali e associazioni di categoria manageriali. Conto alla rovescia per la seconda edizione.

Ridurre il divario di genere, favorire l’inclusione e l’accesso delle donne alle posizioni di responsabilità all’interno dell’organizzazione aziendale e nei consigli d’amministrazione di imprese pubbliche e private, oltre a incoraggiare l’occupazione femminile. Sono questi alcuni degli obbiettivi di Women on board, il progetto ideato da Manageritalia Federmanager con la collaborazione di AIDP Hub del Territorio ER, la Saf Emilia-Romagna e CPO Emilia-Romagna, con il patrocinio dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e la partnership degli ordini degli Avvocati, dei Commercialisti e dei Consulenti del Lavoro dell’Emilia Romagna.

Il progetto torna con un nuovo ciclo di appuntamenti, in programma da maggio ottobre 2023, in seguito al grande successo della prima edizione; le partecipanti sono state infatti oltre 230: donne manager e professioniste, provenienti da tutta la regione ed espressione di più svariati settori economi (terziario, industria, consulenza aziendale e avvocatura), accomunate dalla stessa volontà di mettersi in gioco e acquisire le competenze e la consapevolezza del proprio valore per accedere a ruoli di responsabilità nelle aziende e nei cda di società pubbliche e private.

Women on Board 2023 verrà presentato a Bologna il 5 maggio 2023 (link all’evento), ma è già possibile iscriversi al progetto formativo qui.

Le novità dell’edizione 2023

Tre le novità introdotte da Women on Board 2023. Innanzitutto si amplia il numero degli incontri formativi, che passano da 6 a 14: le partecipanti avranno l’occasione di confrontarsi con professionisti del settore giuridico, occupazionale, economico e aziendale su argomenti che spaziano dal gender gap ai bilanci, dalle certificazioni al terzo settore, dalla sostenibilità alle normative.

Poi, l’accesso al programma formativo si estende non solo alle manager e alle professioniste residenti in Emilia Romagna ma anche a quelle di tutta Italia: forte la collaborazione con altre regioni, che ospiteranno metà degli incontri di Women on board 2023.

Grazie alla collaborazione con gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti e dei consulenti del lavoro, potranno partecipare non solo le manager, ma anche le iscritte a tali ordini; la frequentazione al corso darà diritto anche ai crediti formativi previsti dai rispettivi ordini.

Informazioni utili per iscriversi

Women on Board 2023 è un percorso totalmente gratuito per tutti coloro che fanno parte delle Organizzazioni Promotrici; è espressamente ideato per le donne ma aperto anche agli uomini. È possibile iscriversi a questo link.

Per iscriversi bisogna essere in possesso di una laurea magistrale o essere iscritti da almeno 10 anni all’ordine degli avvocati, dei commercialisti o dei consulenti del lavoro.

I 14 incontri formativi si svolgeranno in presenza e on line dal mese di maggio sino al mese di ottobre 2023Qui è possibile consultare il programma dettagliato.

Al termine dei corsi e dopo il superamento di una prova d’esame gli idonei, oltre al conseguimento della certificazione, verranno inseriti in un apposito elenco on line consultabile dalle imprese che potranno così scegliere la figura professionale più in sintonia con le caratteristiche della società e le specifiche esigenze dei CdA di aziende, società pubbliche e organizzazioni in cerca di professionisti per gli organi di governance.

Fonte: MANAGERITALIA

Fondo Impresa Femminile

Il MISE (Ministero Sviluppo Economico) ha pubblicato il testo del Fondo Impresa Femminile.

Le risorse messe a disposizione dal PNRR sono pari complessivamente a 160 milioni di euro, così ripartite:

  1. 38,8 milioni di euro per “Incentivi per la nascita delle imprese femminili” (a);
  2. 121,2 milioni di euro per “Incentivi per lo sviluppo e il consolidamento delle imprese femminili” (b).

Il Fondo è volto a sostenere imprese femminili (imprese a prevalente partecipazione femminile e lavoratrici autonome) di qualsiasi dimensione, con sede legale e/o operativa ubicata su tutto il territorio nazionale, già costituite o di nuova costituzione.

Possono beneficiare degli “incentivi per la nascita e lo sviluppo delle imprese femminili” (a):

  • le imprese femminili costituite da meno di 12 mesi alla data di presentazione della domanda;
  • le lavoratrici autonome in possesso della partita IVA aperta da meno di 12 mesi alla data di presentazione della domanda;
  • possono presentare domanda le persone fisiche che intendono costituire una nuova impresa femminile.

Possono beneficiare degli “incentivi per lo sviluppo e il consolidamento delle imprese femminili” (b):

  • le imprese femminili costituite da almeno 12 mesi alla data di presentazione della domanda;
  • le lavoratrici autonome in possesso della partita IVA aperta da almeno 12 mesi alla data di presentazione della domanda.

Cosa finanzia

Le agevolazioni sono concesse a fronte di programmi di investimento per la costituzione e l’avvio di una nuova impresa femminile – ovvero per lo sviluppo e il consolidamento di imprese femminili -, nei seguenti settori:

  1. produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato e della trasformazione dei prodotti agricoli;
  2. fornitura di servizi, in qualsiasi settore;
  3. commercio e turismo.

Le iniziative devono, inoltre:

  • essere realizzate entro 24 mesi dalla data di trasmissione del provvedimento di concessione delle agevolazioni;
  • prevedere spese ammissibili non superiori a 250mila euro al netto d’IVA per i programmi di investimento che prevedono la costituzione e l’avvio di una nuova impresa femminile, ovvero non superiori a 400mila euro al netto d’IVA per i programmi di investimento volti allo sviluppo e al consolidamento di imprese femminili.

L’agevolazione

Le agevolazioni sono concesse ai sensi e nei limiti dell’articolo 22 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione (Regolamento GBER) e assumono la forma del contributo a fondo perduto e del finanziamento agevolato, anche in combinazione tra loro.

Il finanziamento ha la durata massima di 8 anni, è a tasso zero e non è assistito da forme di garanzia.

La forma e la misura delle agevolazioni sono articolate in funzione delle linee di azione e dell’ammontare delle spese ammissibili previste nei programmi di investimento.

Per gli incentivi per la nascita e lo sviluppo delle imprese femminili (a) le agevolazioni assumono la sola forma del contributo a fondo perduto per un importo massimo pari a:

  • 80% delle spese ammissibili – fino a 50mila euro – per programmi di investimento che prevedono spese ammissibili non superiori a 100mila euro;
  • 50% delle spese ammissibili per programmi di investimento che prevedono spese ammissibili superiori a 100mila euro e fino a 250mila euro.

Per gli incentivi per lo sviluppo e il consolidamento delle imprese femminili (b) le agevolazioni assumono la forma sia del contributo a fondo perduto sia del finanziamento agevolato:

  • per le imprese femminili costituite da non più di 36 mesi alla data di presentazione della domanda, agevolazioni fino a copertura dell’80% delle spese ammissibili, in egual misura in forma di contributo a fondo perduto e in forma di finanziamento agevolato;
  • per le imprese femminili costituite da oltre 36 mesi alla data di presentazione della domanda, agevolazioni come al punto precedente in relazione alle spese di investimento, mentre le esigenze di capitale circolante costituenti spese ammissibili sono agevolate nella forma del contributo a fondo perduto.

Costituiscono spese ammissibili le spese relative a immobilizzazioni materiali e immateriali, servizi cloud funzionali ai processi portanti della gestione aziendale, personale dipendente ed esigenze di capitale circolante, alle condizioni e nei limiti stabiliti dal decreto interministeriale.

 

Per le imprese beneficiarie sono previsti servizi di assistenza tecnico-gestionale, fino all’importo massimo di 5mila euro per impresa fruibile in parte attraverso servizi erogati dal Soggetto gestore, in parte in forma di voucher per l’acquisto di servizi specialistici presso terzi.

Termini e modalità di presentazione delle domande

Le agevolazioni sono concesse con una procedura valutativa a sportello.

Le domande di agevolazione devono essere compilate esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica che sarà messa a disposizione in un’apposita sezione del sito internet del Soggetto gestore, www.invitalia.it

Due date distinte per la presentazione delle domande, una per gli interventi per l’avvio di nuove imprese, e una per gli interventi per lo sviluppo di imprese costituite da almeno 12 mesi. In entrambi i casi, è prevista una fase preliminare di compilazione della documentazione:

  • Avvio di nuove imprese femminili (a): è possibile compilare la domanda dalle ore 10 del 5 maggio 2022, e presentarla a partire dalle ore 10 del 19 maggio 2022;
  • Sviluppo di imprese femminili già costituite (b): compilazione della domanda dalle ore 10 del 24 maggio 2022, la presentazione a partire dalle ore 10 del 7 giugno 2022.

Normativa

 

Fonte: Terziario Donna

Unioncamere: solo un amministratore su 4 è donna

scritta unioncamere affiancata dal logo, che è composto da un insieme di c intrecciate che formano un esagono

Ma dall’inizio della pandemia le donne al vertice sono 8.600 in più

Roma, 7 marzo 2022 – Sono la metà del cielo, ma ai vertici delle imprese solo un incarico su 4 è ricoperto da donne. La fotografia scattata dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere-InfoCamere mostra peraltro che qualche piccolo passo avanti le donne al vertice l’hanno fatto, crescendo di 8.602 posizioni (+0,88%). Questo è avvenuto mentre contestualmente il numero delle donne che ricoprono cariche nel mondo imprenditoriale si è andato riducendo dello 0,46%, perdendo quasi 12mila posizioni tra dicembre 2019 e dicembre 2021, in virtù di un calo consistente soprattutto tra le socie (circa 19mila in meno) e le titolari di imprese individuali (-7mila). Segno quest’ultimo delle difficoltà che stanno attraversando soprattutto le imprese minori.

 

Bisogna far crescere la presenza delle donne nelle imprese”, è l’invito che il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, fa nell’imminenza della Festa della donna. “I nostri studi mostrano che le donne sono più innovative, più attente ai valori della sostenibilità ambientale, più responsabili nei riguardi dei loro collaboratori. La crisi di questi anni è stata dura anche per questa componente fondamentale della nostra economia, che ha rallentato la sua crescita. Aiutare le donne d’impresa, come fanno da tempo le Camere di commercio attraverso i Comitati per l’imprenditorialità femminile, è però essenziale per accelerare la ripresa economica”.

 

L’analisi delle differenti cariche di guida e di amministrazione svolte all’interno delle imprese (984.366 quelle ricoperte da donne a fine 2021) evidenzia che la presenza femminile tende a ridursi al salire del livello di responsabilità.

Le donne presidente sono infatti 33.645. Pur aumentando del 2,03%, restano comunque solo il 18,03% del totale. Maggior incidenza hanno invece le donne vice presidente: sono 18.327, rappresentano il 26,57% del totale e sono aumentate del 3,37% da dicembre 2019.

Il maggior numero di incarichi riguarda soprattutto il ruolo di consigliere (225mila, pari al 25,4% del totale, in crescita del 2,52% rispetto a dicembre 2019). Le amministratrici sono poi 38.577, pari al 22,68%, in aumento del 4,48% rispetto a due anni fa.

In diminuzione invece le consigliere/amministratrici delegate: oggi sono 4.532, rappresentano il 22,74% del totale e sono diminuite del 4,77%.

Per quanto riguarda gli incarichi manageriali, si assottiglia la già sparuta platea dei direttori donna: sono 480, pari al 15,62% del totale e si riducono di 61 unità.

 

Gran parte di queste donne ha fondato o partecipato alla fondazione di una delle imprese femminili oggi esistenti in Italia. Un milione e 342mila quelle registrate a fine 2021, pari al 22,13% del totale. Il confronto con la situazione a fine 2019 mostra una situazione di sostanziale stabilità: in due anni, le imprese femminili sono aumentate dello 0,19%, con un incremento di 2.569 unità. Determinante in questo senso la spinta delle regioni del Mezzogiorno, in cui si contato oggi 7.646 imprese in più rispetto a dicembre 2019. Al contrario, il Centro vede diminuire la presenza di imprese femminili di 7.207 unità, mentre nel settentrione gli incrementi sono stati modesti: +1.696 nel Nord Ovest (+0,54%) e +434 nel Nord Est (+0,19%).

 

Soprattutto alcuni dei settori a maggior partecipazione femminile pagano salato il conto della pandemia e delle chiusure forzate che si sono succedute da marzo 2019. Primo tra tutti il Commercio, che conta quasi 6.300 imprese guidate da donne in meno, l’Agricoltura (circa 3.500 in meno) e il manifatturiero (circa 1.500 in meno).

Più dinamici e proattivi risultano invece alcuni comparti a maggior contenuto di conoscenza, secondo una tendenza in atto da tempo, come le Attività professionali, scientifiche e tecniche (+3.751 le imprese femminili), i Servizi di informazione e comunicazione (+1.014), l’Istruzione (+524) e la Sanità (+468). Bilancio positivo anche per il settore immobiliare e finanziario (+1.929) e per il Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (+2.195).

 

Molise, Basilicata, Abruzzo e Umbria risultano a fine 2021 le regioni a maggior incidenza di imprese femminili. Nove le province, tutte del Sud e del Centro, in cui le imprese femminili superano il 27% del tessuto produttivo locale: Benevento, Avellino, Chieti, Grosseto, Enna, Campobasso, Frosinone, Viterbo e Isernia.

Cariche totali e ricoperte da donne nelle imprese

Dati al 31 dicembre 2021 e variazione % rispetto al 31 dicembre 2019

Principali incarichi di amministrazione e dirigenza nelle imprese; totali e ricoperti da donne

Dati al 31 dicembre 2021 e variazione % rispetto al 31 dicembre 2019

Imprese registrate femminili per regione e tasso di femminilizzazione

Dati al 31 dicembre 2021, saldo e variazione % rispetto al 31 dicembre 2019

Imprese femminili registrate per settore e tasso di femminilizzazione

Dati al 31 dicembre 2021, saldo e variazione % rispetto al 31 dicembre 2019

Imprese registrate femminili per provincia e tasso di femminilizzazione

Dati al 31 dicembre 2021

 

Fonte: Unioncamere, comunicato stampa

SHE-CESSION, il COVID conferma la discriminazione di genere

Milano, 29 dicembre 2021 – Secondo anno di pandemia, seconda conferma del trend che registra la discriminazione di genere sul lavoro: 1 donna su 2 rinuncia ad un progetto, annullandolo, o posticipandolo, ma oltre il 43% non cerca lavoro.

Nel complesso il tasso di occupazione degli uomini è i1 67,8% mentre quello femminile si ferma al 49,5%

Un trend negativo che è conseguenza di una situazione non certa felice registrata già prima del COVID: 37.611 lavoratrici neomamme si erano già dimesse nel 2019, periodo in cui solo il 21% delle richieste part time o di flessibilità lavorativa erano state accolte.

La disparità lavorativa tra donne occupate e uomini occupati va oltre la pandemia ed è legata soprattutto alla genitorialità: donne occupate con figli che vivono in coppia sono il 53,5% mentre gli uomini sono l’83,5%.

Le donne devono ancora scegliere tra maternità e lavoro, come consolidato dai dati che emergono dal Gender Policies Report elaborato dall’Inapp, in cui si conferma l’incapacità italiana di emanare leggi che consentano di conciliare maternità e occupazione.

Dai contratti di lavoro al tasso di disoccupazione: quest’anno hanno beneficiato dei nuovi contratti attivati in larga maggioranza gli uomini, mentre per le donne solo il 14% di impieghi a tempo indeterminato.

Ma non è finita qua, settecentocinquantamila donne che lavorano sono state in cassa integrazione, congedo, ferie, aspettativa o hanno alternato queste condizioni all’impiego regolare. Il 26% delle occupate ha visto un deciso peggioramento della conciliazione tra gli impegni familiari e il lavoro.

Infine, nel 2020, rispetto al 2019, le donne che hanno perso il lavoro sono state 470 mila, gli uomini 370 mila.

A ben guardare i dati di alcune ricerche sul tema, il tasso di attività femminile è fermo addirittura agli anni Novanta. La pandemia ha in un certo senso solo confermato un trend che penalizza le donne e la loro situazione lavorativa ed economica su tutto il territorio nazionale, con punte di maggiore gravità al Sud.

L’Italia da tempo lascia indietro le donne, il che significa freno alla crescita del Paese ed aumento alla povertà.  Situazione che persisterà se non cambia l’approccio al gender gap e alla parità di genere.

Ad invertire la rotta sono chiamate certamente le aziende avviando buone pratiche in termini di occupabilità e di equità salariale, ma il ruolo della politica è fondamentale. Solo le donne possono comprendere le dinamiche della differenza di genere. E sole le donne possono elaborare progetti normativi in grado di indirizzare correttamente il timone delle pari opportunità. Le donne quindi dovranno partecipare di più alla vita pubblica per poter partecipare alla pari alla vita sociale ed economica.

Il PNRR è un’occasione da non perdere. Sono tanti fondi che necessitano di progettualità non rituale, in grado di abolire termini quali emarginazione, disparità, diseguaglianza.

Se le donne continueranno a gridare alla discriminazione, non ci saranno passi in avanti. E non saranno sufficienti nemmeno i cospicui fondi europei. Quel che serve è un cambio culturale, che deve partire da tutti, donne comprese.

 

Articolo di Beatrice Carpi

Redditi professionali

Gender gap e gap generazionale

Milano, 27 dicembre 2021 – La libera professione non perde il suo potenziale attrattivo nelle nuove generazioni. Il numero di professionisti appartenenti alle classi previdenziali private, in Italia, è cresciuto di oltre l’1% nell’anno della pandemia, contrariamente a quanto accaduto ai dipendenti e autonomi.

Secondo il Rapporto annuale AdEPP (Associazione degli Enti Previdenziali Privati) la maggior parte dei 5mila neoiscritti ha compiuto questa scelta in seguito al percorso di studi universitari affrontato, una minima parte invece si è spostato sulla libera professione causa della cessazione del precedente lavoro, oppure per proseguire l’attività di genitori o per ripiego.

In questo frangente assistiamo a un problema di gap generazionale: nonostante il reddito nominale è aumentato negli ultimi 14 anni del 2,4% e nell’ultimo anno del 3,4%, un under 40 guadagna un terzo del collega over 50.
Oltre a questo è stato portato alla luce anche un gap territoriale, che vede i professionisti del Sud dichiarare un reddito del 48% inferiore rispetto ai colleghi del Nord.

La libera professione è invece un’agevolazione per le donne che tentano di conciliare lavoro e famiglia, che infatti rappresentando il 41% del totale degli iscritti alle casse.

Evento comprensibile in uno scenario in cui il tasso di attività è fermo agli anni ’90, a causa del fenomeno del gender gap che deriva anche da una mancanza di servizi per l’infanzia, che ha visto un peggioramento durante gli anni di pandemia. Nel 2020, 42 mila neogenitori si sono dimessi: nel 77% dei casi si trattava di donne.

Articolo di Beatrice Zamboni

#ZHEROGAP Occupazione per le donne in lombardia

Martedì 16 novembre 2021 alle 14.30 si terrà in streaming la presentazione della strategia della Regione Lombardia per il rilancio dell’occupazione femminile.

La tavola rotonda, presieduta dall’Assessora alla Formazione e al Lavoro Melania Rizzoli, vedrà la partecipazione di esperte ed esperti sul tema, e figure istituzionali coinvolte nelle politiche per l’occupazione.

Intervengono:

Paolo Mora e Paola Antonicelli – Regione Lombardia

Carolina Pellegrini – Consigliera di parità regionale

Alessandro Rosina – Università Cattolica del Sacro Cuore

Barbara De Micheli – Fondazione Giacomo Brodolini

Mara Tanelli – Politecnico di Milano

Rita Palumbo – Presidente Terziario Donna Milano, Lodi, Monza e Brianza

Valentina Cappelletti – CGIL Lombardia

Moderatore: Emanuel Piona

Una norma per colmare il Gender pay Gap

La norma approvata oggi in Senato, con l’entrata in vigore delle modifiche del Codice sulle pari opportunità, tenta di contrastare il fenomeno del gender pay gap, oltre che far emergere le discriminazioni sul luogo di lavoro.
A supporto di queste cause sono state introdotte anche le novità degli sgravi fiscali fino a 50mila euro per chi adotta politiche utili a conciliare tempi di vita e di lavoro delle lavoratrici, e una certificazione biennale obbligatoria in cui siano indicate le condizioni contrattuali dei dipendenti.
Una norma per il progresso delle pari opportunità tra uomo e donna sul lavoro, in un paese che, secondo una rigorosa raccolta di dati e studi, avrebbe impiegato almeno 200 anni ad arrivare alla parità retributiva.

Ecco l’articolo completo di Adnkronos

Quarta (Donne Manageritalia): ‘Bene legge parità salariale, lavoreremo per cambiare cultura

“Siamo molto felici che questo iter sia arrivato all’approvazione della legge. Sarebbero occorsi 200 anni per arrivare alla parità retributiva. Un dato questo emerso da un lavoro che come gruppo donne stiamo facendo dal 2018, raccogliendo dati e facendo confronti anche con altri Paesi, simili a noi per struttura e per strategia economica”. Così Luisa Quarta, coordinatrice Gruppo Donne Manageritalia Lombardia e nazionale, commenta con Adnkronos/Labitalia l’approvazione in via definitiva della proposta di legge sulla parità salariale.

 

“Il gender gap – ricorda – in Italia pesa circa tra il 17 e il 20% e non è solo una questione di discriminazione e di non rispetto della legge e di quello che è la nostra Costituzione, per la quale uomini e donne sono uguali nel momento in cui intraprendono un percorso lavorativo”.

“Manageritalia – assicura Luisa Quarta – farà un grande investimento in termini di comunicazione. Noi abbiamo lavorato a titolo di volontariato sul testo legislativo che abbiamo prima sottoposto all’Ufficio consigliere di parità della Regione Lombardia. Manageritalia farà la sua parte perché come associazione di manager abbiamo il dovere di far cambiare la cultura del lavoro in Italia e che venga valorizzato il merito, non è solo una questione femminile”.

Parità salariale, approvata la legge in Senato

Sgravio fiscale di 50mila euro per le aziende che si dotano della certificazione di pari opportunità e modifica della discriminazione sul luogo di lavoro

 

Licenziata la legge in Senato, via libera per la parità salariale tra uomo e donna. La norma che punta a superare le disparità di genere in ufficio è realtà e prevede l’obbligo biennale per le aziende di fare un rapporto periodico circa assunzioni, retribuzioni, promozioni, mobilità, licenziamenti del personale per le aziende sopra i 50 dipendenti. Una sorta di “certificazione della parità di genere” sullo stato dei dipendenti.

Ma c’è di più per contrastare il gender pay gap. Dal 1° gennaio 2022 alle aziende pubbliche e private che abbiano redatto il rapporto e adottato comportamenti virtuosi con politiche utili a conciliare tempi di vita e di lavoro delle lavoratrici, verrà assegnato uno sgravio contributivo di 50 mila euro annui. La certificazione garantirà inoltre un punteggio premiale nell’assegnazione di fondi e nelle gare.

La legge infine estende la normativa della legge Golfo-Mosca sulle cosiddette «quote rosa» in azienda anche alle società controllate da pubbliche amministrazioni, e non quotate, riservando due quinti di presenze a figure femminili nei consigli di amministrazione per i primi sei mandati successivi all’applicazione della norma.

 

Gender pay gap, il vuoto rimane da colmare

Il dato racconta una realtà conosciuta da tempo. Le lavoratrici sono pagate meno rispetto agli uomini, ma il gender pay gap non è legato al fatto che le donne scelgano percorsi di carriera meno remunerativi: è proprio quando sfidano gli stereotipi laurendandosi in Economia o Informatica che la forbice salariale si amplia di più. Dallo studio dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica redatto da Edoardo Bella, emerge che la differenza media maggiore tra i salari maschili e femminili, a cinque anni dalla laurea magistrale, si registra proprio per gli esperti di Tecnologie Itc. Quello che si chiama gender gap pay, contro il quale una legge già approvata dalla Camera deve ora esser discussa in Senato, è una piaga italiana che non si rimargina. Il mercato è in difficoltà a far quadrare domanda e offerta perché le donne legate alle materie Stem (fisica, matematica, ingegneria, scienze) continuano a guadagnare in media 250 euro in meno degli uomini.

Perché un ingegnere o un informatico donna guadagna così tanto meno di un collega uomo?

In parte perché le donne intorno ai 30 anni si orientano diversamente: il 21% sceglie contratti part-time (contro l’8% degli uomini), i maschi lavorano 5,4 ore in più alla settimana rispetto alle femmine. A cinque anni dalla laurea il salario medio di una laureata magistrale è di 1403 euro netti mensili, mentre quello di un laureato è di 1696, con una differenza di 293 euro, pari al 21% del salario femminile. C’è sempre una corsia preferenziale per il collega uomo anche a vent’anni dalla nascita di un figlio, quando a parità di mansione il lavoro di una donna risulta ancora inferiore del 12% rispetto a quello di un uomo.

Così, il tasso di occupazione femminile che negli ultimi mesi del 2019 si stava attestando attorno a un comunque bassissimo 50%, a maggio 2020 ha toccato quota 48,3%. Ad agosto 2021, ultimo dato disponibile, si è fermato al 48,9% rispetto al 67,9% degli uomini. In pratica la fotografia delle condizioni lavorative delle donne oggi si può infatti sintetizzare in tre dinamiche: alcune non entrano proprio nel mercato del lavoro, chi lo fa sceglie contratti più precari e il tempo del non lavoro è occupato per lo più da famiglia e attività di cura.

Gender gap ancora molto diffuso nel mercato delle Rp

Presentati in occasione dell’ICCO Global Summit i risultati della ricerca GWPR ANNUAL INDEX che evidenzia come la disparità di genere sia ancora un fenomeno diffuso nell’industria delle PR.

Global Women in PR, la rete internazionale di donne leader nel settore delle PR e della Comunicazione, ha presentato in occasione dell’ICCO Global Summit i risultati della ricerca GWPR ANNUAL INDEX che ritrae la condizione del lavoro femminile nel mondo delle PR.
La ricerca, che ha coinvolto professionisti delle PR di 37 Paesi, ha evidenziato uno scenario caratterizzato da una significativa disparità di genere. Nonostante la presenza femminile nel panorama lavorativo delle PR rappresenti i due terzi dell’intera forza lavoro, quando si tratta di posizioni apicali la situazione è ben diversa: il 62% dei leader aziendali è infatti di sesso maschile.
Nonostante promuovere l’inclusione e la diversità ai vertici delle aziende abbia un impatto diretto sul business – come ampiamente documentato da studi e ricerche, tra cui la recente indagine di McKinsey – nell’ambito delle PR c’è ancora molta strada da percorrere. Tra i dati emersi dal GWPR ANNUAL INDEX è interessante osservare come ben il 64% degli intervistati ritenga che una maggiore presenza di donne nei consigli di amministrazione migliorerebbe i risultati di business, mentre un significativo 81% dichiari che andrebbe incentivato l’accesso delle donne a posizioni di leadership.
L’indagine ha inoltre evidenziato come le donne abbiano maggiori difficoltà ad accedere ai benefit legati alla crescita professionale come le iniziative di mentoring, le opportunità di formazione e di networking, i bonus basati sulle performance e, non ultimo, le promozioni. Non sorprende dunque che tale situazione possa penalizzare la crescita professionale delle donne impegnate nel settore delle PR.

Inoltre, il GWPR ANNUAL INDEX ha analizzato le variabili che impediscono alle donne di progredire verso ruoli di responsabilità. La maggior parte degli intervistati ritiene che le responsabilità connesse alla cura dei figli (80%) rappresentino il principale ostacolo alla crescita professionale. Più di un terzo (35%) del campione è convinto che le incombenze familiari abbiano avuto un impatto negativo sulla propria carriera e il 42% delle donne afferma di essere l’unica a farsi carico delle questioni domestiche.
L’indagine ha mostrato chiaramente che essere donne e madri costituisce un freno alla carriera femminile. Il 39% degli intervistati ritiene che le donne con figli abbiano maggiori difficoltà ad ottenere una promozione, mentre per quanto riguarda gli uomini, l’essere padre influirebbe sull’avanzamento di carriera solo per il 2%.

Un altro dato allarmante riguarda i congedi parentali retribuiti: il 24% dei genitori che ha preso parte all’indagine ha infatti dichiarato di non averne potuto godere.
Oltre due terzi (67%) ritiene che lo scarso equilibrio tra lavoro e tempo libero, tipico dei ruoli dirigenziali, impedisca alle donne di accedervi.
Alla luce di quanto emerso, è necessario chiedersi cosa possono fare le aziende per evitare la perdita di talenti femminili e creare team dirigenziali più paritari.
La parola d’ordine è “flessibilità”: la possibilità di usufruire di modalità di smart working è una delle richieste prioritarie per il 70% delle donne intervistate. Di queste, il 47% trova vantaggioso poter lavorare da remoto, mentre il 40% desidererebbe orari flessibili. Tuttavia, un quinto delle donne (20%) teme che il lavoro flessibile possa essere percepito in modo negativo dall’azienda per la quale lavorano.
Il GWPR ANNUAL INDEX si è infine soffermato sull’analisi di una questione molto seria: le molestie sessuali sul luogo di lavoro. Un terzo delle donne intervistate è stata vittima di comportamenti inappropriati: il 60% non ha denunciato l’episodio al datore di lavoro e più di un terzo (35%) ha dichiarato che la propria azienda non ha alcuna policy né specifiche attività di formazione per prevenire e/o isolare comportamenti legati al sexual harassment.

Melissa Waggener Zorkin, Global CEO e fondatrice di Waggener Edstromm, ha commentato così quanto emerso dalla ricerca: “I dati confermano uno scenario inaccettabile: non possiamo semplicemente aspettare che il nostro settore decida di prendere dei provvedimenti in merito ma dobbiamo capire come possiamo agire per ottenere un cambiamento immediato. È necessario far sì che ogni lavoratore possa svolgere un ruolo nel definire un percorso migliore. È nostro compito, in qualità di dirigenti, impegnarci affinché ciò avvenga. Per quanto mi riguarda, significa garantire parità di genere ad ogni livello della mia azienda”.

Nitin Mantri, Presidente di ICCO ha commentato: “Il settore delle PR deve agire adesso. C’è bisogno di più iniziative di mentorship, parità di retribuzione, orari flessibili che consentano di conciliare vita professionale e impegni famigliari, oltre a programmi che incentivino il rientro al lavoro dopo i periodi di inattività. È altresì fondamentale debellare gli stereotipi di genere e cambiare mentalità. Il sessismo è ancora oggi presente all’interno di molte aziende e dobbiamo dunque promuovere una formazione specifica per fronteggiare pregiudizi e preconcetti”.

Angela Oakes, Co-Fondatrice di GWPR ha dichiarato “I risultati emersi tratteggiano un quadro dettagliato dell’occupazione femminile nelle PR. Più cresce la nostra comprensione del contesto, più il GWPR ANNUAL INDEX potrà attestarsi come punto di riferimento per quanto concerne il tema della parità di genere nel nostro settore. Siamo fermamente convinti che solo approfondendo ed analizzando con attenzione la questione della disparità di genere nel mondo del lavoro sarà possibile apportare i cambiamenti necessari a migliorare il nostro business e il futuro delle donne che operano nel settore delle PR.”

Qui il link alla ricerca completa: https://globalwpr.com/download/gwpr-annual-index-2019/

Informazioni sulla ricerca
Sponsorizzato e condotto dalla società di ricerca Opinium, il GWPR ANNUAL INDEX fa parte di un piano quinquennale che punta ad identificare le problematiche che coinvolgono le donne che operano nel settore delle PR in tutto il mondo e a misurare i progressi compiuti per il raggiungimento della parità di genere. La ricerca è stata svolta online nei mesi di luglio/agosto 2019 e ha registrato la partecipazione di 678 professionisti delle PR.

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