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FEDERORAFI – rilevazione campione di aziende: nel 2021 +54,6 rispetto al 2020 e positive attese per il 2022 ma minate da prezzi materie prime e dell’energia.

 

 

FEDERORAFI – rilevazione campione di aziende: nel 2021 +54,6 rispetto al 2020 e positive attese per il 2022 ma minate da prezzi materie prime e dell’energia.

PIASERICO: sentiment positivo ma ancora imprevedibili le ripercussioni del conflitto russo-ucraino.

 

Milano, 8/3/22

Chiusura 2021

Secondo le stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda per FEDERORAFI per il settore orafo-argentiero-gioielliero è atteso un recupero medio annuo del turnover nell’ordine del +54,6% (in rialzo rispetto alle precedenti stime rilasciate ai primi di dicembre ovvero +46,5%). Considerando che nel 2020 il fatturato si era portato sui circa 5,7 miliardi di euro, la dinamica 2021 si traduce in un incremento di 3,1 miliardi. La stima attuale vedrebbe dunque le vendite complessive riportarsi sugli 8,8 miliardi di euro. Si tratta di un recupero importante e che porta a sorpassare (complice il rialzo dei prezzi dell’oro e degli altri metalli preziosi) del +11,9% (corrispondente a quasi 940 milioni in valore assoluto) i livelli del 2019. Nonostante il sorpasso complessivo, un quadro molto più eterogeneo (a conferma di una ripresa settoriale «a macchia di leopardo») emerge dall’analisi del raffronto con il pre-Covid per le diverse aziende a campione, specie in relazione alla dimensione media. Il superamento dei livelli di fatturato dell’anno 2019 interessa solo il 62% del panel: di queste aziende, il 35% ha raggiunto livelli «molto superiori», mentre il 27% si è portato su valori di «poco superiori». Il 15% del campione mostra, invece, di aver ripianato le perdite, con vendite invariate rispetto al 2019. Nonostante le buone performance del 2021, resta una discreta fetta di aziende OAG che non è, invece, riuscita a colmare il gap. Più in particolare, il 4% del totale resta «di poco» al di sotto del corrispondente fatturato pre-Covid. Maggior difficoltà ha incontrato il restante 19%, che indica di aver chiuso l’anno 2021 su livelli «molto inferiori» rispetto al 2019. Tra le aziende più lontane dai livelli pre-Covid si annoverano soprattutto quelle di piccola dimensione: eccetto una sui 10 milioni, le altre fatturano tutte «meno di 5 milioni di euro». I risultati di queste piccole, come anticipato, non pregiudicano il ritorno del settore in area positiva.

Nel corso del 2021 l’evoluzione positiva del fatturato è stata accompagnata da un recupero anche delle attività produttive, in termini fisici e non solo monetari. Con specifico riferimento al settore O-A-G, la stima relativa ai dati forniti dalle aziende a campione porta a quantificare un recupero su ritmi vivaci ma meno intensi, nella misura del +32,3% su base annua. Sempre con riferimento al 2021, in base a quanto emerso dall’Ottava Indagine Impatto Covid sul settore TMA elaborata dal Centro Studi di Confindustria Moda, il 44% delle aziende a campione dichiara di aver incrementato il proprio organico. Per il restante 50% il numero di dipendenti al 31/12/2021 coincide con quello al 31/12/2020, mentre solo per il restante 6% dei casi – indicano una riduzione del personale.

Prima parte 2022
Relativamente al primo trimestre dell’anno in corso, le aziende a campione – nel 53% dei casi – si attendono una crescita del fatturato rispetto al medesimo periodo del 2021. Il 9% prevede un aumento «tra il +1% e il 5%», il 24% pensa di crescere «tra il +5% e il 10%», segnando un ritorno quindi su ritmi in linea con condizioni di mercato «normali» dopo il rimbalzo post-Covid. Il 13% prospetta comunque aumenti «tra il +10% e il +20%», il 7% «tra il +20% e il +50%». Si rivela più prudente il 31% del campione, secondo il quale le vendite resteranno sui livelli del gennaio-marzo 2021. Infine, il 16% teme una flessione del proprio fatturato rispetto ad allora. L’incremento medio nel campione, in netta decelerazione rispetto ai tassi del 2021, è stimato attorno al +7,3%. Analogamente a quanto rilevato per il quarto trimestre, anche con riferimento al primo trimestre del 2022, la quota di aziende che intende far ricorso agli ammortizzatori sociali resta confinata all’8% del totale. Per raffronto si pensi che nel gennaio-marzo 2021, invece, il ricorso alla CIG aveva interessato il 51% del panel. Nonostante il miglioramento dell’evoluzione congiunturale, il percorso resta minato da diversi fattori che condizionano l’operatività aziendale. Si ricordi, peraltro, che la rilevazione è antecedente allo scoppio del conflitto Russia-Ucraina, che quindi non compare tra le opzioni sottoposte alle aziende. Ad ogni modo, per quasi 7 aziende su dieci l’aumento dei prezzi delle materie prime costituisce una grave minaccia. Non di meno, per 6 aziende su 10 l’aumento di costi dell’energia avrà conseguenze negative di non poco conto sulla marginalità aziendale. Per il 58% del campione anche le restrizioni agli spostamenti internazionali delle persone (business e/o turismo) rappresentano un freno importante. L’assenza dei lavoratori per motivi legati al Covid preoccupa il 38% del panel.  Le difficoltà di reperimento di materie prime e semilavorati presentano – a oggi – un minor impatto, limitatamente al 22% dei rispondenti. Infine, l’aumento del costo dei noli e dei trasporti è avvertito da 1 azienda su 10.

Indagando più specificatamente il sentiment delle aziende circa l’evoluzione congiunturale nel primo trimestre, un significativo 59% confida in una stabilità delle condizioni di mercato rispetto all’ultima frazione del 2021. Un 14% prospetta, invece, un miglioramento ulteriore. Il 27% del panel teme, invece, che la congiuntura settoriale possa peggiorare; il 69% di queste aziende appartiene alla classe con fatturato annuo inferiore ai 5 milioni di euro. I dati dell’indagine confermano le indicazioni che la Presidente FEDERORAFI Claudia Piaserico aveva anticipato nelle scorse settimane.

Per Claudia Piaserico: “Gli imprevedibili sviluppi del conflitto rischiano di compromettere il positivo trend del settore. L’area interessata dalla guerra rappresenta poco meno dell’1% delle esportazioni del gioiello made in Italy ma occorre tener conto che i russi sono importanti acquirenti di gioielli quando si recano all’estero. Il timore è chiaramente dovuto alle conseguenze economiche e psicologiche a livello globale del conflitto, soprattutto se dovesse durare a lungo. L’ormai prossima manifestazione di VicenzaOro (17-21 marzo) sarà sicuramente un primo importante momento di verifica così come le iniziative che stiamo approntando su diversi mercati come l’innovativo progetto riservato al mercato USA riguardante la piattaforma fisica ed online “PIAZZA ITALIA” che con ICE lanceremo a breve a New York.”

In allegato il testo comprensivo di tabelle: 2022_03_08_CS FED indagine campione aziende_DEF

Fonte: Federorafi