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Il giornalismo partecipativo e il futuro della professione

Milano 29 dicembre 2021 – La digitalizzazione ha profondamente modificato il giornalismo. Non solo si sono moltiplicate le fonti di informazione, ma la notizia non è più di gestione esclusiva del giornalista. Il lettore non è più passivo ed è divenuto parte integrante del processo di diffusione dell’informazione. Stiamo vivendo l’era del giornalismo partecipativo, in cui l’audience ha una parte attiva in tema di raccolta, analisi, ma soprattutto di diffusione e veicolazione delle notizie, grazie ai social e ai mezzi di comunicazione digitali.

Il dato interessante non riguarda solo il modello di produzione delle notizie: il giornalismo partecipativo influenza anche la credibilità di una testata. Il grado di condivisione collettiva incide infatti sull’attendibilità di una notizia e soprattutto sulla reputazione di chi l’ha scritta, pubblicata e condivisa.

L’autorevolezza dei media non è quindi determinata solo dall’importanza che ha rivestito nella storia del giornalismo, ma viene sempre più influenzata dall’efficacia della gestione delle relazioni del pubblico, nella diffusione condivisa dei contenuti.

Il giornalismo digitale non potrà più prescindere dalla partecipazione attiva della sua audience nella stessa produzione dei contenuti.  Partecipazione che però ha avviato un altro processo: la velocità di consumo e la tempestività che impongono informazioni aggiornate 24 ore su 24, fruite su canali, digitali e non, molto diversi tra loro. Esigenze che hanno incrinato le fondamenta della cultura del giornalismo italiano.

I modelli di produzione, i canali di diffusione e le fonti di approvvigionamento delle notizie sono cambiati. Il giornalismo non è più territorio per pochi ed è un processo partecipativo. Tutto positivo? Domanda di difficile risposta.  La partecipazione “indiscriminata” genera anche problemi di affidabilità/veridicità delle fonti e sottolinea la necessità di competenze professionali per una corretta comunicazione.  Questioni tutte ancora irrisolte.

 

Articolo di Marco Provato