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Il mercato delle PR, tra necessità e buoni propositi

Agli inizi di gennaio non si può prescindere dal fare il bilancio degli ultimi 12 mesi appena trascorsi. Per la nostra professione il 2016 è stato un altro anno di profondi cambiamenti. E non solo per le costanti e meravigliose innovazioni tecnologiche che siano chiamati a capire e a gestire.

La sfida che siamo costretti ad affrontare riguarda l’etica e il rigore professionale, ma anche – se non soprattutto – la rivalutazione del valore generato dal nostro lavoro. Si tratta di una vera e propria scommessa: trasformare l’impatto economico (negativo) che l’ultimo decennio ha generato, in un nuovo modello di affermazione e rilancio della nostra professione.

Alcuni dati. Tra il 2011 e il 2015 le imprese attive del settore della comunicazione in Italia – tra liberi professionisti, ditte individuali e società di capitali – sono state mediamente 27,5 mila: 27.884 nel 2011, 27.872 nel 2012, 27.538 nel 2013, 27.174 nel 2014, 27.516 nel 2015.  In quel quinquennio sono scomparsi dal mercato, definitivamente, 3.044 operatori della comunicazione, registrando una media di “morte” d’impresa di 609 aziende all’anno, 61 cessazioni irreversibili al mese.  Di quei 27,5 mila attori della comunicazione, Il 57% è rappresentato da professionisti, che hanno resistito alla crisi pagando un caro prezzo, imparando a convivere con la precarietà e saltuarietà degli incarichi, accettando il deprezzamento della prestazione d’opera, la svalutazione del valore economico di una professione che costa fatica e che necessita di competenze e di formazione continua.

Una professione che, nonostante tutto, è centrale per l’economia del nostro Paese.

Da una ricerca di ottobre 2016, presentata da Confcommercio Professioni in occasione della pubblicazione del “Manifesto per la competitività dei professionisti nell’economia dei servizi” emergono dati significativi:

  • in Italia 1/4 degli occupati complessivi sono lavoratori autonomi; il doppio rispetto a Francia e Germania.
  • crescono i professionisti, soprattutto i non ordinistici (+48,8% in 5 anni), in controtendenza rispetto al calo delle altre componenti occupazionali.
  • il 99% dei professionisti non ordinistici lavorano nei servizi.
  • i professionisti dei servizi di informazione e comunicazione hanno un reddito pro capite medio di oltre 20mila euro.

La chiave di volta per la ripresa nazionale è quindi il terziario avanzato, servizi ad alto contenuto tecnologico che vedono in prima linea le professioni.

Professioni che in Europa già sono considerate giuridicamente alla stregua di un’impresa che produce lavoro e valore per il Paese.

Ferpi già vanta l’iscrizione nell’Albo Professioni non organizzate in ordini o collegi – legge n.4/2013 – grazie al suo statuto e al rispetto delle regole di aggiornamento professionale. Ma vogliamo e dobbiamo fare di più, per essere attenti a ciò che accade a livello normativo, fiscale e contrattuale, per analizzare le dinamiche del mercato, per “combattere” una vera e propria rivoluzione culturale, che vada al di là della crisi economica.

In questa rubrica si affronteranno le questioni più attuali del mercato della comunicazione da un’angolazione economica e si ospiteranno contributi di soci e colleghi. Con un unico obiettivo: confrontarci e individuare gli strumenti istituzionali, culturali e normativi utili allo sviluppo del nostro settore.

www.ferpi.it