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INPGI: sono solo pensioni

Nessun commissariamento e un altro slittamento fino al 31 dicembre 2021, ma con una novità che cambia il registro di marcia: una Commissione Tecnica costituita da rappresentanti dei ministeri del Lavoro, dell’Economia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da INPGI e da INPS.

Non fa parte della commissione la FNS, il sindacato dei giornalisti. Il “salvataggio” dell’INPGI non ha nulla a che fare con la “libertà di stampa” perché il dissesto è conseguenza della crisi dell’editoria e del disequilibrio pensionistico: da anni diminuiscono i contribuenti attivi – giornalisti assunti – e aumentano i pensionati, grazie anche ai prepensionamenti consentiti dalle politiche di sostegno all’editoria.

La soluzione prospettata dai vertici INPGI, ripetuta a dispetto dell’evidenza, è l’allargamento della platea ad altre figure professionali, comunicatori, grafici, poligrafici, web master e chi più ne ha più ne metta. Allargamento che ha ricevuto opposizioni motivate e decise, non solo da parte dei lavoratori dei comparti ipotizzati, ma anche dall’interno del mondo giornalistico.

La  “mini riforma” che penalizza gli iscritti e non risolve i conti  dell’INPGI, ha ulteriormente accentuato i malumori  tra i giornalisti, ma è dopo l’audizione alla Commissione parlamentare per il controllo degli Enti previdenziali del presidente dell’INPS Pasquale Tridico, che lo scenario è cambiato.

La Commissione Tecnica ha tempo fino al 20 ottobre prossimo, per approfondire ed indagare nel merito la questione INPGI per poter poi dar corso a soluzioni fattibili, eque e durature nel tempo.

Non ci resta che aspettare con fiducia quella scadenza, perché, finalmente, l’attenzione si è spostata da singolo problema (il salvataggio di un Istituto previdenziale privato) al contesto generale dove il tema centrale è il lavoro che genera valore e occupazione. Occupazione attiva e di valore di cui necessita soprattutto il sistema editoriale e giornalistico.