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Un auspicio lesivo dei diritti dei Comunicatori

di Rita Palumbo

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sempre cauto ed equilibrato nelle sue dichiarazioni pubbliche, questa mattina è scivolato su un tema che lo vede anche docente universitario: il diritto costituzionale. Che il capo del Governo auspichi un allargamento della base contributiva di un Istituto di Previdenza privata – INPGI – con i contributi di altri soggetti che nulla hanno a che fare con il giornalismo, è incomprensibile. Anzi ingiustificabile se una “deportazione contributiva” imposta ex legge si configuri anche come un danno erariale.
FERPI è impegnata da tempo nella cosiddetta “questione salvataggio INPGI”, una battaglia che si può definire di trasparenza e di diritto costituzionale. Un impegno che – grazie anche alla nascita di ReteCoM, la Rete delle Associazioni per la Comunicazione e il Management – ci ha visto riuscire nel fronteggiare ogni tentativo di anticipare o accelerare l’allargamento delle base contributiva dell’INPGI con i comunicatori. Anche a dispetto della legge n. 58 del 2019 che per “salvare” l’Istituto, stabilisce un preciso piano di interventi e NON parla di comunicatori.
La dichiarazione del presidente Conte di questa mattina durante la conferenza stampa di fine anno lascia sbalorditi soprattutto perché smentisce quanto il Governo stesso ha comunicato il 9 dicembre scorso ai vertici INPGI, ma anche – se non soprattutto – perché “la deportazione contributiva produrrebbe solo effetti negativi”.
Così come è stato comunicato più volte anche in sedi istituzionali, le profonde e dichiarate criticità finanziarie dell’INPGI non possono essere risolte obbligando migliaia di soggetti a cambiare ente previdenziale, penalizzando un Istituto cardine del nostro sistema di welfare come l’INPS, ancor più oggi che stiamo vivendo una drammatica crisi sanitaria, economica e sociale, non tutelando comunque, in termini di sostenibilità, le pensioni attuali e future di giornalisti e comunicatori.
L’allargamento della platea contributiva dell’Istituto privato, non solo impone un complesso percorso normativo, ma è un progetto di difficilissima realizzazione per vari motivi:

  • problemi di applicabilità della norma per la difficile interpretazione dei requisiti di identificazione dei comunicatori in qualità di soggetti passivi della contribuzione trasferibile; senza sottovalutare i profili di presunta incostituzionalità sostenuta da eminenti giuristi;
  • ripercussioni sulla sostenibilità complessiva del sistema previdenziale pubblico nel trasferimento di contributi da una cassa pubblica ad una cassa privata;
  • appesantimento degli oneri amministrativi per le imprese, laddove molti comunicatori sono dipendenti di aziende che si troverebbero costrette a effettuare due diversi livelli di contribuzione;
  • possibile aggravio contributivo derivante da effetti di ricongiunzione di distinti periodi assicurativi;
  • possibili rischi sulle pensioni future dei comunicatori anche per l’impossibilità di verificare/gestire l’andamento della governance e della gestione INPGI in quanto appannaggio esclusivo, per Statuto, di giornalisti ed editori.

Non possiamo che auspicare, quindi, che l’auspicio del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sia archiviato come un incidente di percorso e che il Governo avvii quel necessario confronto con tutte le Parti Sociali coinvolte per progettare un progetto sostenibile di salvaguardia non solo delle pensioni dei giornalisti ma dei diritti di tutti i soggetti che a vario titolo operano nell’ambito della Comunicazione.