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Crescita mondiale: segnali incoraggianti (ma non troppo)

Crescita infelice?

Segnali incoraggianti, ma non troppo, per l’economia mondiale. Il 25 luglio 2023 il Fondo monetario internazionale (FMI) ha pubblicato l’aggiornamento al World Economic Outlook, rivedendo le stime di aprile. Le revisioni lasciano ben sperare, sotto diversi punti di vista: la crescita del PIL mondiale prevista per il 2023 sale dal 2,8% di aprile al 3% di oggi, mentre quella per il 2024 resta stabile al 3%. Buone notizie anche per l’inflazione, che a livello globale dovrebbe scendere dall’8,7% del 2022 al 6,8% stimato per quest’anno (a fronte del 7% anticipato ad aprile).

Cosa spiega questo repentino miglioramento? Tra i fattori citati spiccano la stabilizzazione del sistema bancario dopo le difficoltà di inizio anno e un mercato del lavoro sorprendentemente forte. L’economia mondiale sembra dunque aver imboccato la strada giusta…

Non è tutto oro quel che luccica

…ma il traguardo resta lontano. I miglioramenti nel breve periodo, per quanto innegabili, arrivano infatti dopo anni drammatici, in cui la pandemia e soprattutto la guerra in Ucraina hanno avuto pesanti ripercussioni sull’economia globale. Il peso di questi fattori si vede confrontando le stime pubblicate prima e dopo l’invasione e continua a farsi sentire, con tassi di crescita che rimangono bassi (soprattutto in Europa e, in particolare, in Germania, l’unico paese del G7 che il FMI vede in recessione quest’anno).

I motivi di preoccupazione per il futuro non mancano, a cominciare dalla questione dei tassi di interesse. Con la pubblicazione di oggi, il FMI elogia le politiche restrittive attuate da vari Paesi per placare l’inflazione, ancora a livelli eccessivi. Allo stesso tempo, però, nota che un continuo innalzamento dei tassi di interesse potrebbe comportare un rallentamento dell’attività produttiva. Una valutazione che potrebbe avere risvolti politici?

Ricchi e poveri

Già, perché nei prossimi giorni è previsto un ulteriore aumento dei tassi di interesse da parte di Banca Centrale Europea, Federal Reserve e Bank of England. E, benché combattere l’inflazione resti una priorità, gli effetti collaterali sulla crescita andranno attentamente valutati. Questo vale soprattutto per l’amministrazione Biden che, dopo anni di crescita sostenuta negli Stati Uniti, vuole evitare il rischio di presentarsi alle elezioni del 2024 con una performance economica deludente.

Se i riflettori restano puntati sulle economie avanzate, non bisogna rischiare di perder di vista quello che sta succedendo in quelle emergenti. Il differenziale di crescita tra i due gruppi di Paesi si è ridotto: in altri termini, i Paesi più poveri impiegheranno più tempo a “recuperare lo svantaggio” rispetto ai più ricchi. Insomma, il mondo di domani potrà pur essere un mondo che cresce, ma sempre all’insegna della disuguaglianza.

 

Fonte: Ispi